Gesù e il peccato imperdonabile – Marco 3:20-30

Introduzione

In questa storia ci sono tre protagonisti: c’è LA FOLLA, che incuriosita dalle notizie che hanno di Gesù e a causa dei loro bisogni, lo seguono (v.1); ci sono I FAMILIARI DI GESU’ che, pur cercando di proteggerlo dagli attacchi e imbarazzati dal clamore che si era creato intorno a Gesù, non riconoscono la sua autorità e la sua missione, e non gli credono (v. 2). Poi ci sono I SOLITI SCRIBI, che continuano ad opporsi e continuano a trovare ogni scusa e occasione per screditarlo e per eliminarlo fisicamente (Marco 3:6).

Gesù davanti a questo atteggiamento, soprattutto degli scribi, afferma che questo loro peccato è imperdonabile.  

Cosa vuol dire Gesù, quando afferma che si tratta di un peccato imperdonabile? Qual è questo peccato imperdonabile?

Il peccato imperdonabile che Gesù denuncia in questo contesto è il rifiuto ostinato, pregiudiziale, ideologico e sistematico della persona e dell’opera di Cristo, poiché ① è un peccato imperdonabile perché offende Dio, ② è imperdonabile perché offende noi stessi ed ③ è imperdonabile perché è un’occasione persa che avrà conseguenze drammatiche.

Iniziamo affermando che quello di cui ci parla Gesù:  

 
  1. E’ un peccato imperdonabile, che offende Dio.

Tutti i comportamenti di questi protagonisti rivelano una mancanza di conoscenza della persona e dell’opera di Gesù, poiché sono gravi le loro accuse, ma la reazione degli scribi è quella più grave, perché oltre all’ignoranza delle Scritture, le loro accuse a Gesù sono una bestemmia gravissima. Poiché paragonare Dio agli altri dèi, e addirittura accusare Gesù di ricevere la sua autorità e potenza da Belzebù, è una bestemmia gravissima. Nella sua risposta agli scribi, secondo cui Gesù starebbe operando in accordo con Satana, Gesù usa la logica attraverso una metafora, poiché se quello che affermano gli scribi è vero, Satana starebbe lavorando contro il suo stesso regno, e questo sarebbe semplicemente assurdo. Tutte le immagini che Gesù usa qui stanno a sottolineare che le accuse degli scribi, oltre ad essere false e assurde, non hanno alcun fondamento scritturale e servono solo a confondere le persone per allontanarle dalla salvezza. Ma al di là delle argomentazioni usate dagli scribi, paragonare l’Iddio Uno e Trino a Satana è un’offesa gravissima, che mette in discussione l’autorità di Gesù, e ciò che Lui è venuto a predicare a questo mondo. Quella degli scribi è una bestemmia (cioè, una blasfemia, dal greco balsphèmèò) che significa offesa contro Dio. Gesù sta presentando e invitando queste persone ad entrare nel suo regno, ma questi, chi per un motivo e chi per un altro, lo rifiutano e lo disprezzano.

Ricordiamo la parabola del banchetto nuziale in Matteo 22:1-14, quando il re che aveva preparato il banchetto per il matrimonio del figlio, invia i suoi servi a scendere per le strade del suo regno, per invitare i suoi sudditi. I servi vanno e questi sudditi inventano ogni scusa per non andare, e respingono così l’invito ad entrare in casa sua. Queste persone rappresentano il mondo giudaico, uomini che si sentono talmente pieni di loro stessi e soddisfatti della loro vita, che rifiutano di entrare nel regno che Dio sta presentando loro. Anche oggi intorno a noi, abbiamo persone che si illudono di avere tutto ciò che gli è necessario, per vivere una vita tranquilla e ricca, e si illudono di avere un posto in prima fila in paradiso, quando non sanno minimamente quelli che sono i loro veri bisogni e qual è il destino che li aspetta. Rimane il fatto che questo loro rifiuto è una bestemmia contro l’autorità di Dio, che ha mandato l’unico suo Figlio a morire, per la salvezza di coloro che lo avrebbero riconosciuto, e avrebbero creduto in Lui, e questo rifiuto è una bestemmia imperdonabile che offende Dio, al punto che tutto questo sarà inescusabile secondo Romani 1:25.

In secondo luogo, quello di cui parla Gesù:

 

2. E’ un peccato imperdonabile, che offende noi stessi.

L’accusa degli scribi, secondo cui Gesù compie i suoi miracoli con l’aiuto di satana, è un’offesa gravissima contro la sua autorità e divinità, ma è anche un’offesa all’intelligenza stessa, di coloro che quel giorno erano riuniti per ascoltare Gesù. Gli stessi familiari di Gesù non lo capiscono, lo prendono per pazzo e non credono al suo messaggio. Tutti questi protagonisti (i familiari, la folla e gli scribi) hanno visto quello che Gesù ha compiuto, eppure non ascoltano le sue parole, non riconoscono la sua autorità e non gli credono. Il libro dei Proverbi allo stesso modo incoraggia i figli ad ascoltare i propri genitori, gli allievi ad ascoltare il proprio maestro, perché da questo procederà un bene prezioso per il loro futuro. Ma il libro dei Proverbi racconta anche di figli che non hanno ascoltato i genitori, di studenti che non hanno apprezzato i loro maestri, e questo è un dramma per loro, perché non hanno dato importanza alle cose che avrebbero dovuto ascoltare. Spesso i ragazzi non hanno la maturità necessaria per dare valore a ciò che viene loro raccomandato, e questo porterà a conseguenze drammatiche per il loro futuro, e sarà un’offesa per la loro condizione futura, quando dovranno recuperare e rammaricarsi per le cose che non hanno voluto ascoltare quando ne hanno avuto occasione. Io stesso purtroppo non ho studiato quando avrei dovuto, e mi sono diplomato con enormi sacrifici più tardi. Non ascoltare e non dare importanza alle cose che ci vengono dette è un’offesa verso chi ci sta parlando, ma lo è anche per chi non ascolta quelle cose, perché perde delle occasioni preziose per la propria crescita. Questo è un problema anche per gli adulti che non sanno ascoltare e continuano a non cogliere ciò che viene loro detto, e questo è drammatico quando a sessant’anni si continua a non dare valore alle cose che ci vengono dette. Gli scribi erano pieni di sé e si facevano forti della loro sapienza e della loro tradizione, ma erano ignoranti, supponenti e arroganti. Infatti, Gesù li accusa di essere dei “sepolcri imbiancati” e dei “cembali stonati” che ormai non suonavano più una buona musica. Che dramma vedere persone adulte, che invece di ascoltare continuano ad argomentare con le verità acquisite ma mai messe in discussione, e con le loro solite teorie umaniste, invece di ricevere e far proprio il vangelo di Gesù e lo rifiutano. Che dramma quando i credenti perdono il primo amore per Dio (Apocalisse 2:4), per la sua parola e per il loro progresso e quello della chiesa, e non hanno più interesse e curiosità nella formazione, che dev’essere “permanente” per il credente. Se non cogliamo le cose che ascoltiamo e non continuiamo a investire nella conoscenza di Dio facciamo un danno a noi stessi e alla chiesa, oltre che offendere Dio e noi stessi. Queste persone fecero male a sé stessi oltre che offendere Gesù che gli stava parlando.

La chiesa di Dio è un popolo di discepoli che si formano e continuano a studiare per il proprio benessere, quello della chiesa e per la gloria di Dio, affinché possiamo avere il privilegio e l’opportunità di servire Dio nella sua chiesa, essere uno strumento di crescita e di benedizione per i nostri fratelli della chiesa, ed essere così responsabili gli uni degli altri, perché questo è il privilegio di essere membri della stessa chiesa, come stiamo studiando insieme nel libro “Vivere nella casa del Padre”.

In terzo luogo, quello di cui ci parla Gesù:

 

3. E’ un peccato imperdonabile, perché è un’occasione persa che avrà conseguenze drammatiche.

Uno dei problemi più drammatici nella vita degli uomini sono i rimpianti e i rammarichi, poiché ognuno di noi soprattutto andando avanti negli anni, ha qualche rammarico e rimpianto di cui dispiacersi. C’è chi avrebbe voluto studiare e non ha sfruttato le occasioni avute. C’è chi avrebbe voluto un lavoro migliore, ma non è riuscito a fare scelte coraggiose per cambiare. C’è chi avrebbe voluto sfruttare meglio le occasioni che il Signore gli ha dato per servirlo meglio, e ora deve recuperare ciò che ha perso. Insomma, ognuno ha la sua parte di situazioni di cui dolersi. Qui il rammarico è ancora più grave e drammatico, perché ha a che fare con Dio, con la nostra condizione più intima, e con la prospettiva del destino eterno davanti a noi. Certamente, per quanto riguarda noi credenti, è un conforto pensare che quello che siamo e che abbiamo, nonostante le responsabilità di cui possiamo dispiacerci, è stato determinato dalla sovranità e dalla provvidenza di Dio, che ha sempre governato la nostra vita anche quando non lo conoscevamo. Ed è quindi inutile avere dei rimpianti o essere rammaricati, poiché non c’è motivo, perché siamo stati perdonati per i nostri peccati del passato e anche perché lo ribadisco: “quello che siamo e che abbiamo è frutto della grazia e della provvidenza di Dio, che ci ha dato di imparare anche dai nostri errori; quindi, non dobbiamo rimpiangere nulla di quello che siamo e che abbiamo”. Ma chi invece avrà rifiutato Cristo, non potrà che rammaricarsi per quest’occasione persa per l’eternità, e questo è veramente drammatico.

Chi è stato invitato alle nozze del figlio del re, e ha rifiutato di andare perché era indaffarato nelle proprie faccende, o perché ha disprezzato Dio e l’invito che gli era stato recapitato, oppure si è opposto con tutte le sue forze ai servi che Lui gli ha inviato, non potrà che rammaricarsi quando vedrà Gesù e tutta la sua chiesa nella gloria del Padre. E colui che rimarrà fuori, potrà vederlo solo da lontano come spettatore, e che potranno dispiacersi per l’occasione perduta. Si dice che questo rammarico sarà già una punizione insostenibile, per quelli che avranno rifiutato Cristo, e c’è da credervi perché sarà drammatico e pesante, riconoscere il proprio fallimento per tutta l’eternità. Certamente umanamente tutto questo è doloroso, e vorremmo che fosse diverso, ma questo sarà ciò che avverrà quando Gesù tornerà per giudicare i vivi e i morti. Questa occasione persa sarà imperdonabile, perché è frutto di una disubbidienza e offesa a Dio, ma sarà imperdonabile perché è un frutto amaro da ingerire per aver disprezzato l’occasione che ci veniva data.

Conclusione

Che il Signore continui nella sua grazia a bussare ai cuori dei nostri familiari, dei nostri amici e dei nostri concittadini, e ci sostenga in questa nostra testimonianza a Ferrara, per essere dei discepoli che vogliono crescere nella grazia e nella conoscenza di Dio per amarlo e servirlo sempre di più e meglio. Preghiamo. 

 
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Ma siamo proprio tutti fratelli? – Marco 3:20-21, 31-35

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